IL RUOLO DELLE BIOIDROGENAZIONI NEI RUMINANTI

Il grasso dei ruminanti e dei loro prodotti è caratterizzato da alti livelli di acidi grassi saturi (SFA), bassi livelli di polinsaturi (PUFA) e da un contenuto variabile di acidi grassi nella forma trans. Alte concentrazioni di SFA nell'alimentazione umana, vengono considerate negative per la salute.
La maggior parte dei consumatori sta prendendo sempre più consapevolezza dei cibi di cui si alimenta, in particolare c’è sempre più interesse nel prediligere cibi salutari per favorire la prevenzione di malattie.
Il metabolismo dei lipidi nei ruminanti è particolarmente interessante. I lipidi consumati da questi animali sono soggetti a cambiamenti apportati dalla loro microflora ruminale. I batteri presenti nel rumine, infatti, tollerano poco gli acidi grassi insaturi derivanti dall’alimentazione e quindi effettuano la così detta bioidrogenazione, ossia una saturazione dei doppi legami presenti all’interno degli acidi grassi insaturi. Nell'essere umano, un consumo non moderato di acidi grassi saturi potrebbe provocare aumento del colesterolo, problemi cardiocircolatori, ostruzioni venose e problemi di obesità. Il metabolismo degli acidi grassi nel rumine è uno dei principali fattori di variazione del profilo acidico dei grassi nel latte e nella carne dei ruminanti. Nonostante ciò, i lipidi assorbiti nel piccolo intestino sono trasportati in diversi tessuti e organi dell’animale (fegato, tessuto adiposo, muscoli e ghiandola mammaria) dove gli acidi grassi sono soggetti ad altre modificazioni metaboliche.
Queste molecole sono trasportate dalle lipoproteine del plasma attraverso il corpo dell’animale. Le lipoproteine sono complessi di molecole contenenti vari grassi e proteine specializzate e risultano solubili nel sangue e nella linfa. Nei ruminanti sono divise in 5 diverse classi: chilomicroni (CM), proteine a bassissima densità (VLDL), proteine a densità intermedia (IDL), proteine a bassa densità (LDL) e proteine ad alta densità (HDL). Le VLDL hanno il compito di trasferire trigliceridi dal fegato ai tessuti; in particolare, dopo essere state sintetizzate nel fegato, vengono riversate nel circolo ematico e cedute soprattutto al tessuto muscolare e a quello adiposo.
Le LDL ed HDL trasportano il colesterolo nel circolo sanguigno. Mentre le LDL hanno lo scopo di cederlo ai tessuti, le HDL sono deputate alla rimozione del colesterolo presente in eccesso nel plasma. La presenza di acidi grassi mono o polinsaturi all’interno della dieta favorisce la formazione di HDL riducendo invece quella di LDL o VLDL ed andando quindi a ridurre anche il così detto colesterolo cattivo.
Le IDL sono molecole intermedie tra le VLDL e le LDL, prodotte durante la lipolisi. A causa del grande utilizzo da parte del fegato e dei tessuti, il contenuto delle IDL è molto basso nei ruminanti. L’alimentazione è il fattore principale che modifica la composizione acidica dei grassi del latte e infatti il cambiamento della composizione della razione può essere usato come strumento per modificare i tipi di grassi presenti nel latte (Jozwik et al., 2010). Il grasso del latte è composto principalmente da trigliceridi (96-98%) rivestiti da una membrana cellulare, mentre la restante parte sono fosfolipidi, colesterolo ed esteri. La maggior parte di questi sono prodotti intermedi del metabolismo lipidico del rumine (Gunstone and Harwood, 2007). Quasi la totalità degli acidi grassi presenti nel latte sono saturi. Le catene di acidi grassi a 14 e 18 atomi di carbonio (C14:0 e il C18:0) rappresentano circa il 75% del totale, il 21% sono acidi grassi monoinsaturi, dei quali l’acido oleico è il più comune. Solo il 4% degli acidi grassi del latte sono polinsaturi (PUFA) e sono sostanzialmente acido linoleico e α-linolenico (Mansbridge and Blake, 1997). L’assorbimento da parte della ghiandola mammaria è il secondo modo per formare il grasso del latte. Con questo processo si producono essenzialmente acidi grassi a lunga catena ed in particolare con 16 atomi di carbonio. La ghiandola mammaria assorbe gli acidi grassi derivati dalla lipomobilizzazione dei grassi assimilati durante la digestione (Shingfield and Griinari, 2007). Gli acidi grassi vengono assorbiti dal piccolo intestino e trasportati all’interno del sangue dalle lipoproteine (soprattutto chilomicroni e VLDL). In condizioni fisiologiche, circa metà degli acidi grassi presenti nel latte è sintetizzato ex novo nella ghiandola mammaria. Bassi livelli di PUFA nel latte possono essere spiegati dal fatto che questi sono concentrati nella frazione fosfolipidica e negli esteri di colesterolo all’interno delle particelle HDL, il cui assorbimento da parte della ghiandola mammaria è molto basso (Mansbridge and Blake, 1997). I grassi che derivano dalla dieta degli animali sono essenzialmente insaturi, in quanto sia i foraggi sia i concentrati dei quali i ruminanti si nutrono sono ricchi di oli e quindi di PUFA e MUFA. Una volta arrivati nel rumine, i grassi insaturi vengono rapidamente trasformati in SFA, soprattutto C18:0, attraverso la flora ruminale che effettua il processo di bioidrogenazione. Vengono formati anche diversi isomeri di questo acido grasso come l’acido octatrienoico, octadecenoico e octamonoenoico in quantità variabile come risultato di una bioidrogenazione non avvenuta completamente (Bessa and al., 2007).
Gli starter dei normali processi di bioidrogenazione (BH) sono l’acido linoleico (LA) e l’acido linolenico (LNA). Entrambi questi acidi vengono poi trasformati in acido vaccenico che verrà poi definitivamente saturato diventando acido stearico (C18:0) e verrà poi riconvertito da un enzima (la Δ9 desaturasi) nella ghiandola mammaria in acido oleico, responsabile della fluidità del latte.

Tratto da: Pomente Camilla, Le buccette di nocciola nell’alimentazione della pecora da latte: effetto sulle performance produttive e sulle caratteristiche del profilo acidico della frazione lipidica del latte. DSA3, Università degli studia di Perugia, 2018.

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