Il bufalo, specie diffusa in tutto il mondo, fornisce molteplici prodotti utilizzati dall'uomo
come la forza di trazione, la carne, il latte e la pelle. La popolazione di bufale è aumentata
del 4,1% dal 2013 al 2017 e anche la produzione di latte di bufala è aumentata sia in
termini assoluti, avvicinandosi a 120.000.000 t/anno, sia rispetto al totale di latte prodotto,
+ 1,2%. La popolazione bufalina europea rappresenta lo 0,21% di quella mondiale e tra i
paesi UE, l'Italia è il paese più importante, allevando oltre il 90% delle bufale europee. La
maggior parte delle bufale da latte sono allevate in condizioni intensive per produrre latte
quasi interamente trasformato in mozzarella.
In alcune zone del Sud Italia la “Mozzarella di Bufala Campana”, ha ottenuto la
“Denominazione di Origine Protetta” (DOP). La produzione di mozzarella di bufala è in
costante aumento, trainata dal costante incremento delle esportazioni soprattutto in
Germania, Francia, USA e UK e dal crescente interesse internazionale per questo prodotto,
come testimoniato dalla recente introduzione della bufala da latte in Germania e Regno
Unito. In Italia la maggior parte delle bufale sono allevate nella zona DOP. Tuttavia, un
trend positivo si registra anche nel Nord Italia, dove la specie rappresenta una valida
alternativa alla vacca, grazie al maggior prezzo di vendita del latte, al crescente interesse
per la mozzarella di bufala nella zona e alla necessità degli allevatori di diversificazione del
prodotto. Il settore bufalino deve affrontare però due importanti criticità: la necessità di
diversificare la produzione lattiero-casearia e il problema del mercato della carne di bufalo.
A causa della forte specializzazione casearia del settore bufalino e della quasi totale
assenza di un mercato della carne, i vitelli maschi vengono spesso macellati a pochi giorni.
Numerosi studi hanno dimostrato come la carne di bufalo presenti buone proprietà
nutrizionali e dietetiche, per alcuni aspetti migliori della carne bovina: minore
concentrazione di lipidi totali, minor contenuto di colesterolo, minore percentuale di acidi
grassi saturi e maggiore percentuale di acidi grassi mono e polinsaturi, minori indici di
aterogenicità e trombogenicità, migliore composizione aminoacidica delle proteine, maggiori
livelli di ferro e zinco, e maggiore contenuto di vitamine B6 e B12. Un'analisi sensoriale
riguardante l'accettabilità complessiva e il sapore della carne cruda e cotta di tori bovini
(Simmental italiana) e bufala (Mediterranea italiana) ha mostrato come i consumatori
assegnassero punteggi edonistici più alti alla carne di bufalo cotta. È chiaro quindi che la
carne di bufalo potrebbe rappresentare un'ulteriore opportunità di crescita ed espansione
per il settore bufalino, che potrebbe e dovrebbe sfruttare tutti i suoi prodotti e di
conseguenza ridurre la propria vulnerabilità economica. Il secondo aspetto cruciale,
strettamente connesso al settore bufalino sviluppatosi nel Nord Italia, è la necessità di
diversificare la produzione. Nel Sud Italia la mozzarella di bufala è destinata principalmente
ai mercati nazionali e internazionali, mentre nel Nord Italia è venduta direttamente ai
consumatori attraverso la filiera corta. In questo contesto, i caseifici hanno iniziato a
trasformare il latte di bufala non solo in mozzarella ma anche in altri prodotti, come i
formaggi stagionati, che sembrano soddisfare il gusto dei consumatori. Considerato il trend
positivo del settore lattiero-caseario bufalino e il crescente interesse dei consumatori per i
“prodotti ecologici”, la valutazione dell'impatto ambientale può essere uno strumento
importante e utile per evidenziare i punti critici dell'offerta della mozzarella di bufala e per
spronare i produttori virtuosi a valorizzare i loro prodotti. Per quanto riguarda l'impatto
ambientale dell'allevamento di bufale e della lavorazione del latte, sono disponibili pochi
studi e la maggior parte di essi considera solo le emissioni legate alla produzione di latte da
animali allevati nel Sud Italia o da animali allevati in sistemi estensivi nel nord del Brasile.
Sarebbe auspicabile, dunque, ampliare la gamma di studi effettuati su tale tematica per
valutare l'impatto ambientale di questa filiera in senso più ampio.
Tratto da: Monica Berlese, Mirco Corazzin, Stefano Bovolenta, Environmental sustainability
assessment of buffalo mozzarella cheese production chain: A scenario analysis, Journal of
Cleaner Production, Volume 238,2019, 117922, ISSN 0959-
6526,https://doi.org/10.1016/j.jclepro.2019.117922.
(https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0959652619327921)
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